È molto Paul Cocksedge l’installazione Please Be Seated che lo studio del designer inglese ha realizzato in occasione del London Design Festival (14-22 settembre 2019). Perché quest’enorme arredo – che però lascia totalmente visibile Finsbury Avenue Square, che lo ospita – parlerà di design come strumento per unire le persone, per ridare vita ai materiali, per animare la città – tutte tematiche care al designer inglese.
I suoi lavori, poi, stupiscono sempre. Ma non nel modo superficiale e “temporale” che va tanto in voga oggi. Tutti nascono da uno sguardo curioso sul mondo e dal desiderio di condividerlo. Sorpresa e semplicità non sono fini a se stesse ma a dare potere al racconto.
Please Be Seated, in London from 14 September – 11 October
La prima volta che ho visto un suo progetto, per esempio, sono rimasta a bocca aperta. Pole Light, nel 2008, era un tubo piegato che, in modo apparentemente magico faceva uscire la luce alla sua estremità. La spiegazione del fenomeno (non ci hanno forse insegnato che viaggia in linea retta?) era semplice: è naturale che la luce attraversi un tubo di acrilico, seppur piegato. È, di fatto, il principio grazie al quale vengono trasportate le fibre.
Già si notava quello che poi sarebbe stata la cifra di fascino della produzione di Cocksedge: la capacità di connettere mondi diversi – persone, oggetti, spazi, leggi della natura – senza uno sforzo apparente e di raccontare qualcosa di nuovo o far provare nuovi modi di vivere il quotidiano.
Basti pensare a Living Staircase, la scala a doppia elica di un ufficio a SoHo : che sembra un labirinto per proporre spazi conviviali di lettura e conversazione tra i lavoratori dello studio.
Paul Cocksedge Studio / Resolution Properties – Ampersand Building – Staircase. London, 2015
O alle lampade per Flos. Una per tutte, Shade, paralume di carta sospeso illuminato dal basso da una luce diretta a led: non solo sembra magia ma permette di eliminare i cavi a soffitto.
O, ancora alle sperimentazioni più ardite, come gli arredi di metallo “incollati” grazie a un processo di ghiacciatura, per Friedman Benda di New York.
«Non sarebbe difficile perché penso che quello che faccio sia di facile comprensione per chiunque. La ragione è che vedo creatività nella maggior parte delle persone che incontro. Amo le conversazioni in cui la gente spiega quello che vorrebbe migliorare nel suo quotidiano oppure ricorda qualcosa che ha visto e ha lasciato un segno. In questo senso siamo tutti collegati. Io ho solo scelto di usare questa energia per dare vita al mio lavoro di designer».
«Succede sempre qualcosa di interessante quando incontri qualcuno che conosci o qualcuno che non conosci ancora. È un’opportunità per imparare qualcosa, interagire ed essere umani. La tecnologia ha senz’altro reso più semplici i contatti ma ci ha anche resi più isolati. Per questo sono sempre più focalizzato a mettere le persone e le possibilità di intersecarle tra loro al centro dei miei progetti. Come è ovviamente il caso di Please Be Seated».
«Come suggerisce il titolo, Please Be Seated – un’installazione commissionata da Broadgate, un quartiere di proprietà di British Land – mira a creare un luogo in cui le persone possano incontrarsi. È un posto dove le persone possono sedersi, sdraiarsi e rilassarsi. La forma è quella di onde di legno che danno spazio per farci accomodare ma anche sollevarci verso l’alto. È anche possibile attraversarle, passare attraverso il luogo di incontro. La permeabilità – per uno spazio pubblico – è fondamentale. Quindi pur trattandosi di un enorme arredo, Please Be Seated è aperto e chiuso allo stesso tempo. Un posto dove passeggiare o essere ancora dentro».
«La materialità era importante per questo pezzo e aggiunge un’altra dimensione al progetto. Abbiamo collaborato con una società (White & White) che lavora con pannelli per impalcature recuperati dai cantieri. Alla fine del London Design Festival, tutti i materiali saranno riutilizzati».
«Excavation: Evicted non era solo un gesto politico. Si trattava anche di reagire alla situazione in cui ci trovavamo e alla nostra esperienza creativa come studio. I designer dovrebbero sempre essere in grado di parlare del quadro generale, ma sfortunatamente c’è un lato del settore che limita la creatività ed è limitato dal consumismo. Dal mio punto di vista, lavoro sempre su progetti in cui credo appassionatamente, molti dei quali autoprodotti. Tutto ciò che fai può essere ricondotto a un particolare messaggio, dal modo in cui è prodotto ai materiali che scegli».
Come molte città, Londra si sta adattando e cambiando e i creativi vengono inevitabilmente spinti ai margini man mano che lo spazio diventa meno accessibile perché aumenta di valore. Penso che dovremo rivalutare il modo in cui questo tipo di persone può continuare ad abitare in una città che cambia. È decisamente scoraggiante, perché gli spazi sono più costosi e meno disponibili. È anche vero, però, che stanno arrivando nuove opportunità: le persone lavorano in modo più fluido e non hanno necessariamente bisogno di una base centrale. Tuttavia, per me avere spazio è stato fondamentale per il lavoro dello studio, perché consente la sperimentazione fisica e la contemplazione. Sarebbe un peccato se Londra non fosse in grado di soddisfare le esigenze delle persone per questo tipo di spazio».
«Nel mio caso ho iniziato a lavorare su questo tema con The Vamp nel 2013. Si trattava di un piccolo oggetto che, una volta attaccato a una cassa acustica analogica – di quelle che si trovano ini grandi quantità nelle discariche – le permetteva di connettesi a qualsiasi device via bluetooth. Era un modo di vedere come riutilizzare piuttosto che buttare via. Ed è stato un successo (ne sono state venduti 10mila pezzi, ndr). Le cose, da allora, sono migliorare. Le aziende di elettronica sono più responsabili così come lo sono i consumatori. Penso anche il mondo stia pensando collettivamente di più a come comprendere il ciclo di vita dei prodotti e affrontare i cambiamenti climatici. C’è un deciso ripensamento in corso con il movimento slow fashion, le proteste di Extinction Rebellion e la crescita di artigianato e cibo, bevande e vestiti fatti localmente. Vedo una vera voglia di vivere in un modo diverso e spero che ci sia abbastanza tempo per noi per invertire le cose – e i governi che rappresentano questi punti di vista».
Cover photo: Spectrum / Paul Cocksedge / Swire Properties
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